venerdì

Calcio e rugby ovvero la guerra con la palla

La storia di calcio e rugby è per buona parte comune, vale a dire che per secoli gli uomini hanno praticato giochi di squadra, con la palla, utilizzando mani e piedi e avendo l'obiettivo di arrivare con quella nel campo avversario.

Il cinese Tsu-chu prevedeva una palla di cuoio, piena di piume, da infilare in un cesto sostenuto da due canne di bambù utilizzando soltanto i piedi. Ci sono tracce di incontri internazionali tra Giappone e Cina già nel primo secolo avanti Cristo.

I romani praticavano l'Harpastum (dal greco arpazo, "strappare con forza") e dovevano portare una piccola palla, passandosela con mani e piedi, sulla linea di fondo del campo avversario. Vi giocavano i legionari e lo diffusero quindi nei paesi europei dove combattevano.

Nel medioevo le cronache inglesi, francesi e fiorentine parlano di vari giochi con la palla tra fazioni o villaggi, sottolineando il carattere violento di questi incontri, al limite della rissa legalizzata: in Inghilterra il large-football fu messo al bando nel 1388 dal re, a Firenze in alcune piazze venivano affissi pubblici divieti. Ciò non di meno alle partite di calcio fiorentino parteciparono notabili della famiglia Medici e Gonzaga, nonché giovani futuri papi come Clemente VII. D'altronde le regole di questo gioco erano poche: un campo rettangolare, due lunghe reti poste su due lati corti a delimitare le “porte” da centrare, e due squadre di 27 giocatori, l’una contro l’altra. Lo scopo era (ed è, visto che dal 1930 quattro quartieri di Firenze ci giocano ancora per contendersi un palio) fare “caccia”, portando o lanciando la palla contro la rete avversaria con qualsiasi parte del proprio corpo. Nel contempo si potevano fermare gli avversari in qualsiasi modo, che essi fossero in possesso di palla o meno.




Nel calcio fiorentino la componente simbolica e celebrativa della forza e del coraggio di un partito (i bianchi, i rossi, i verdi e gli azzurri) era forte, tant'è che i giocatori indossavano sfarzose vesti e gli incontri più importanti si svolgevano in Piazza Santa Croce in occasione del Carnevale di fronte alle famiglie più importanti.

La sensazione è che il gioco di squadra con la palla, per come è stato praticato nei secoli, mimasse i conflitti tra gruppi e comunità, li esorcizzasse in qualche modo con la componente ludica, ma che spesso la violenza affiorasse a rimarcare la natura bellica latente, probabilmente perché le regole non erano sufficientemente chiare e tutelanti (variavano infatti di paese in paese).

Torniamo all'Inghilterra, patria del calcio e del rugby moderno. Sembra che la denominazione football sia nata per indicare che nel popolare gioco ci si muoveva a piedi, a differenza dei giochi dei nobili in cui veniva utilizzato il cavallo per spostarsi. Le parti del corpo preposte a colpire la palla erano infatti, fino agli anni '60 dell'ottocento, sia le mani che i piedi. Nel novembre del 1863 ci fu la svolta: nella disputa interna alla Footbal Association prevalgono le ragioni di Mr Morley e quindi le seguenti fondamentali regole: nessun giocatore potrà correre con la palla tra le mani o caricare l'avversario. Il calcio, come oggi l'intendiamo, imbocca la sua strada. Ma la fazione facente capo al college di Rugby non intende snaturare il gioco della sua componente legata al contatto e all'uso delle mani, per cui nel 1871 si costituisce la Rugby Footbal Union.

Il football è inizialmente praticato dai giovani delle scuole più ricche e delle università. Le classi sono sempre composte da dieci alunni, a cui si aggiunge il maestro che gioca sempre insieme a loro: nasce così la consuetudine di giocare in undici. Il capitano di una squadra di calcio è quindi una sorta di discendente del maestro che, in quanto tale, dirigeva la sua classe di alunni. Lo sviluppo all'interno delle scuole accentua la natura educativa, le regole aumentano per cui sia il calcio, ma anche il più cruento rugby, incanalano la componente violenta che ha caratterizzato i giochi con la palla nei secoli precedenti verso un conflitto ordinato e meno distruttivo.



Ai giorni nostri, in tempi di professionismo e business, di federazioni e leghe che organizzano e tutelano le partite e i regolamenti, le partite non hanno comunque smesso di rappresentare una battaglia simbolica tra quartieri, città, nazioni. Infatti se sul campo è difficile ormai che le partite degenerino in rissa, sugli spalti il tifo organizzato assomiglia spesso a una parata militare e non di rado qualcuno si dimentica che le battaglie sono di fatto dei giochi, anzi, degli spettacoli. Non è soltanto disagio sociale, è anche storia.


Fonti: Wikipedia.it e inStoria.it

lunedì

FUORI DAL CAMPO GENITORI !!

di Giancarlo Rinaldi
Domenica 21 aprile 2013, ore 10.15, Orio al Serio (BG) si gioca la partita di campionato mini allieve CSI tra Petosino e Ponteranica, squadra dove milita mia figlia. Entro in palestra e su un pilastro della tribuna trovo questo foglio appeso:


La prima reazione è stata quella di pensare che qualcuno mi avesse rubato l’idea, se non altro perché già qualche anno fa con alcuni colleghi esperti in questioni educative e pedagogiche avevamo colto l’urgenza, e scritto delle cose a riguardo, rispetto al rapporto tra genitorialità e sport.

Oltre a condividere alcuni dei contenuti consigliati trovo semplice, immediato ed efficace lo strumento comunicativo utilizzato se non altro perché lo si trova, appunto, a bordo campo.

Dopo una breve ricerca sul web scopro che gli ideatori di questa interessante iniziativa sono due genitori con figli rugbysti che con l’aiuto di un amico tipografo hanno messo su carta questi “cinque comandamenti”. E’ stato aperto anche un profilo Facebook a riguardo:


Complimenti agli autori e Buona lettura …