lunedì

“Ai malati psichici facciamo provare la fatica vera del giocare a calcio”

Luca Fiorentino è educatore-giocatore in una squadra di calcio di persone con disagio psichico e ci racconta che a ritmo di allenamenti, suggerimenti tecnico-tattici, partite di campionato e ritiri i ragazzi ritrovano capacità fisiche perse nei meandri della mente. Ed allenano anche la mente.

Allunghiamo le nostre possibilità.
di Luca Fiorentino

Il titolo di questo articolo è anche il nome del progetto sportivo del Dipartimento di Salute Mentale dell' A.O. San Carlo di Milano, che ha dato origine alla squadra di calcio Locomotiv Primaticcio.

Questo progetto nasce dal desiderio degli utenti del Centro Diurno di via primaticcio e si è poi sviluppato ed ampliato a tutto il Dipartimento. Un punto di forza, una caratteristica che rende efficace l'intervento è che esso nasce da un bisogno ed un interesse reale degli utenti che frequentano il dipartimento ed ha come oggetto il calcio, un gioco che appassiona molte persone anche quelle con difficoltà e disturbi psichici.

Desideriamo diffondere questa esperienza per valorizzarla e per sottolineare l’importanza dell’attività fisica in generale per persone con disagio, cercando di superare lo stigma della disabilità.

Un aspetto molto importante è quello di aver creato un progetto che non simulava, non è stato un “come se”.

Settimanalmente viene fatto un allenamento su un campo di calcio all'interno di una struttura sportiva del quartiere dove gli utenti risiedono, con due allenatori volontari: Il primo, Madella Alessandro si occupa della tattica, della formazione e l'altro, Santambrogio Andrea, della parte atletica, la preparazione con e senza la palla, ed entrambi sostengono, stimolano e aiutano ogni utente. Non sono esperti di tematiche psichiatriche ma sono due persone con una spiccata competenza naturale nelle relazioni e nelle interazioni con i “ragazzi” della squadra. Lavorare con volontari che vedono negli utenti prima la persona che non il paziente con un disagio, ha aperto nuove possibilità e avvicinato quest'esperienza al modo della normalità. Un esempio che ogni giovedì sera vediamo spesso ripetersi è: I giocatori che ascoltano e seguono il “mister” anche quando la fatica è evidente sul volto di molti, il provare a far qualcosa che non si è certi di riuscire a fare. Tutto questo può essere scontato in una qualunque squadra, anche dilettantistica, ma chi lavora da anni nella psichiatria sa che un paziente spesso non inizia un percorso o un attività nel timore di non riuscire. L'aver creato un contenitore, in cui si è riusciti a dare una possibilità di realizzazione a persone che in altre aree non ci sono riuscite, è un buon successo riabilitativo, educativo e pedagogico.

In questo periodo in cui il freddo si fa sentire mi si chiede perché non giochiamo al coperto, la risposta è la più semplice e “normale”: siamo una squadra, dobbiamo iniziare a prepararci alla seconda parte del campionato e lo facciamo sul campo dove poi giocheremo le partite. E così che fanno le squadre di tutto il mondo !

Un altro elemento importante che da quest'anno abbiamo aggiunto è che quando giochiamo in casa le partite del campionato Regionale Anpis, conduce la gara un arbitro della Lega Calcio che la Uisp di Milano, con cui collaboriamo, ci fornisce. Non mi sento di dire una banalità ma questa novità ha creato ancor più soddisfazione nei “nostri ragazzi” perché questo è un ulteriore elemento di realtà che dice quanto questa esperienza vuol essere radicata nella normalità.

Riteniamo si possa considerare questo intervento un vero e proprio laboratorio relazionale. Durante alcune fasi del progetto ci sono state difficoltà poiché non si riusciva a creare uno spirito di gruppo ne tanto meno una squadra e non si era in grado di condividere ne gioie ne frustrazioni; recentemente la situazione è cambiata per molteplici ragioni che hanno a che vedere con l'inserimento del cosiddetto terzo tempo (dopo le amichevoli si va a mangiare la pizza assieme), la proposta degli allenatori di un lavoro che mettesse le individualità al servizio della squadra e la proposta degli operatori di incrementare le esperienze di gruppo (vacanza, visione di film..). Proprio la settimana scorsa il Mister ha ricordato a R., il processo che ha attraversato da quando all'inizio sosteneva: “Io gioco con un mio schema..”, mentre ora lo spirito di squadra lo ha reso più forte e più bravo perché gioca con gli altri e la squadra gioca per lui. Molti utenti che frequentano i nostri Servizi hanno problemi col proprio corpo, a volte anche dispercezioni, hanno problemi di coordinamento o di resistenza fisica. Dopo una stagione riuscire a correre per un ora senza andare in affanno è sicuramente un miglioramento, del proprio stato che coinvolge però anche lo stato pschico per il miglioramento dell'autostima. La fatica è un tema che mi sta molto a cuore, forse per la mia formazione personale, e quindi ci tengo a riportare l'attenzione su di essa in quanto motrice di cambiamenti, di miglioramenti e punto a volte critico e difficoltoso delle persone che incontro nel lavoro che svolgo al Centro Diurno di via primaticcio. Spesso ho incontrato utenti che per situazioni personali e per la loro patologia non sono più in grado di far fatica per raggiungere un qualunque obiettivo o scopo nella loro vita. Lo sport insegna che la vera attività fisica è faticosa, è necessario far fatica per migliorare le proprie prestazioni nella corsa, nel giocare con gli altri all'interno di una squadra e nel sopportare di esser meno capace di altri. Lo sport per certi versi può esser ritenuto una metafora della vita. Sperimentarsi nella Locomotiv Primaticcio può potenziare le capacità di socializzazione e permette di sviluppare e di ampliare gli interessi di persone che a volte non hanno altri luoghi sociali.

Mi preme inoltre evidenziare un esperienza molto importante che i nostri allenatori ci hanno proposto e che abbiamo concretizzato nel 2010 e ripeteremo quest'anno, cioè quella di fare un ritiro sportivo per la squadra prima dell'inizio del campionato. Questa proposta poteva nascere solo da due persone che non lavorano in psichiatria perché era la massima espressione del far fatica ed un esperienza troppo “normale” forse per essere considerata realizzabile. L'obiettivo principale era quello di creare uno spirito di squadra che ancora mancava, imparando a convivere e a condividere non solo spazi ma anche un esperienza di vita.

La fatica di questa esperienza è stata per tutti, operatori compresi, molto alta, visibile sui volti e impressa nelle gambe di tutti ma indimenticabile non solo per avere potenziato gli obiettivi che ci eravamo posti: miglioramento della preparazione fisica, affermazione di una identità di gruppo e condivisione di spazi di vita inusuali ma per essere riusciti a portarla a termine e averne visti i benefici sul gruppo e sulla preparazione atletica di ogni giocatore. Tutti questi risultati hanno permesso agli utenti di trarne beneficio per il proprio benessere psichico.

In questa circostanza ci piace ricordare e ringraziare per il loro impegno: i Mister, Alessandro e Andrea, la Uisp, il Dottor Biffi direttore del Dipartimento che ha sempre valorizzato questa attività e i colleghi sia del Centro Diurno che del Dipartimento che ci sostengono. Un ringraziamento a tutti i giocatori della squadra che con la loro costante partecipazione continuano a far vivere questo progetto.

Luca Fiorentino Consulente Educatore D.S.M. dell'A.O. San Carlo B. (MI), collaboratore del blog


PALLAVOLO E DINTORNI: tre, non più di tre

Continuiamo l'operazione di smontaggio delle regole degli sport per capire che cosa le discipline sportive ti obbligano a fare in continuazione, quindi che cosa ti insegnano con la loro pratica. Oggi pubblichiamo la riflessione di Giancarlo Rinaldi, consulente pedagogico e pallavolista.


Cosa caratterizza la pallavolo e quali differenze dagli altri sport?
Sono diversi gli aspetti che rendono questa disciplina sportiva facilmente riconoscibile - una rete, una palla, due squadre, un rettangolo di gioco - ma ci sono alcuni tratti profondi, caratteristici, costituzionali che la rendono per certi versi unica nel suo genere sotto il profilo dell’esperienza. Uno di questi aspetti riguarda la regola dei tre tocchi.

Non più di tre
Il merito dell'invenzione della pallavolo in forma moderna, nata ufficialmente nel 1895, va riconosciuta a William Morgan istruttore di educazione fisica presso il college dell’YMCA di Holyyoke , nel Massachusetts (Stati Uniti).
Da qui "Volleyball", questo è il termine inglese con cui la pallavolo è riconosciuta in tutto il mondo,  significa "scarica", "raffica" o nel gergo tennistico "colpo al volo". Da qui appunto “palla al volo”.
Durante il gioco, infatti, la palla non può essere controllata e la sequenza dei tocchi, sotto forma di una catena di passaggi tra i componenti della squadra, non può essere interrotta, con un chiaro rapporto d'interdipendenza tra i giocatori.
L'errore non è mai perdonato ed è punito con la perdita del punto
Un’esperienza d’interdipendenza tra compagni che non può essere infinita ma è legata al vincolo dei tre tocchi, e rigorosamente non più di tre.
Il quarto tocco non è ammesso e rappresenta uno dei “falli” sanzionati con il punto per l’avversario.
Nella pallavolo insegnata nei settori giovanili, oltre alle prime acquisizioni dei fondamentali di base (il palleggio, il bagher, la schiacciata, il muro) la primissima cosa che viene curata dagli allenatori e proprio questo “scambio vincolato”.
Una modalità che non è naturale perché in prima istanza, per chi colpisce il pallone, è più istintivo e primordiale spedire il pallone dall’altra parte della rete affinchè tocchi il suolo nel campo avversario, costi che quel costi e nel più breve tempo possibile.
E’ una pratica dello stare in campo che va allenata e appresa attraverso un  costante esercizio, soprattutto nei primi anni di pratica, affinchè diventi un automatismo acquisito.
Ai tre tocchi corrispondono le tre fasi tipiche della pallavolo moderna:
-        la difesa/muro per difendersi dall’attacco avversario o la ricezione della battuta avversaria,
-        la costruzione attraverso il fondamentale del palleggio,
-        l’attacco attraverso la schiacciata.
La pallavolo dal 1895 ad oggi ha subito importanti cambiamenti: l’introduzione della schiacciata ad opera delle popolazioni filippine e quella successiva del muro per merito dei paesi dell’est.
In tempi più recenti abbiamo assistito all’eliminazione del cambio palla e l’inserimento della formula del Rally point system (come avviene nel tennis), così come l’introduzione del ruolo del “libero”, solo per citarne alcuni.
Nonostante il trascorrere del tempo solamente un elemento di base non è mai cambiato: la regole dei tre tocchi (e non più di tre).

Giancarlo, collaboratore del blog