mercoledì

I soldi non fanno la felicità

Forse il calcio truffa è la naturale conseguenza dello sport-business, è solo l'altra faccia della medaglia dei super stipendi milionari, se non puoi arrivarci ti arrangi in qualche altro modo. "Devi pur guadagnare per campare anche quando non sarai più atleta" diceva il calciatore corrotto del film di Sorrentino L'uomo in più. In un mondo di ricchi, quello dei calciatori, ci si sente poveri se non si è milionari. Questa distorsione della realtà è però, a mio parere, la conseguenza della cultura del risultato a tutti i costi, una cultura che affonda le radici non soltanto nelle società professionistiche del calcio di serie A, ma in tutte le organizzazioni sportive che ambiscono produrre campioncini che calchino quel palcoscenico (nulla di male in questo) a scapito di mille persi per strada o educati male allo sport. E' chiaro poi che quando uno diventa davvero professionista tra i professionisti, si porti dietro questa cultura che incensa i migliori e cerchi in tutti i modi di restare tra i vincitori almeno sul piano dei guadagni. Se il risultato da perseguire, il principale, è fare tanti soldi, cercherà di farlo anche in modo non lecito.
Risultato a tutti i costi, businness, truffe sportive si immergono nella stessa acqua, in compagnia anche del doping.
A ragionare su questi temi si cade facilmente nel moralismo e nell'idealizzazione di un passato in cui i valori dello sport erano ben altri. In realtà gli scandali nello sport si ripetono da decenni, attualmente sono probabilmente aumentati, ma di fatto rispondono sempre alla medesima logica. L'antidoto, inevitabilmente, sta nel presidio dei capisaldi stessi dello sport, nel gioco, nell'incontro con l'altro, compagno, avversario o allenatore, nell'ascolto del proprio corpo ma anche e soprattutto nel gusto del gesto tecnico, del movimento armonico e nella voglia di migliorarsi sempre. Cioè nel gusto di imparare e di far imparare.